La lista degli artisti che ho accompagnato è davvero lunga, ne cito solo alcuni per brevità dividendoli in due categorie: quelli che venivano in tourneè dagli Stati Uniti in Europa come Linda Young, Beverly Watson (durante un tour con lei nacque mia figlia Marina), James Wheeler, Les Getrex, Robin Brown, Peaches e altri.E quelli residenti in Italia come Crystal White, nei cui gruppi ho suonato da metà anni ’90 ai primi anni 2000, Herbie Goins, una gloria del rhythm ‘n’ blues inglese anni ’60  che viveva a Roma. Charlie Cannon, Joy Garrison, Cheryl Lewis, Kay Jay Forest, Michael Allen, storico pianista di Al Green cui ho rubato tantissimo!

Come tanti musicisti romani ho avuto la fortuna e l’onore di suonare qualche volta con il grande clarinettista Tony Scott e di godere della sua amicizia. In ambito gospel ho suonato con tanti gruppi di passaggio e collaborato come pianista a tanti workshop di cantanti neroamericani, ma più stabilmente ricordo alcune tourneè con i Bronzvill American Gospel di Harold Bradley e Jho Jenkins, con cui ho suonato in eurovisione allo Stadio Olimpico davanti a papa Woityla nel 2000 per il giubileo degli sportivi.

Altra formazione da segnalare i Soul Food To Go, con Jimmy Holden, Lea Machado ed Etta Lomasto.

Con Jimmy Holden, un estroso cantante e organista hammond di Seattle, avrei poi effettuato un bel tour italiano nell’estate del 2008, toccando festival come Roma Jazz Image, Trasimeno Blues Festival, Elba Jazz, e altri.

Ero diventato uno specialista come pianista accompagnatore nell’ambito di generi come blues, soul e gospel, ma mi stava tornando la voglia di concentrarmi su progetti miei, mantenendo in parte l’attività di side-man, ma rendendola più marginale.

Suonare con tanti americani mi aveva dato molto, ma mi stava privando della mia dimensione artistica e anche dal punto di vista professionale gli organizzatori mi chiamavano ormai solo per chiedermi situazioni con qualche solista neroamericano da accompagnare.

Ci sono voluti tanti anni di duro lavoro per cambiare questa situazione.
Nel 2000 con il bassista Davide Bertolone, che era il mio bandleader nel gruppo di Crystal White, e con lo storico batterista bolognese Massimo Cappa, formammo un trio che poi dal vivo si arricchiva spesso dell’apporto del sassofonista Tom Sheret, della cantante Giò Bosco e della sassofonista cantante Cristiana Polegri.

Si chiamava One Night Band, ed era in gran parte il nucleo con cui ho registrato il mio secondo lavoro solistico, che si chiamava appunto Mario Donatone & One Night Band. Il disco era, un pò sulla scìa del primo, formato per metà da brani miei e per metà da covers.
Questo fu per me un nuovo inizio dal punto di vista solistico, anche se i primi passi non furono facili, visto che cominciava una progressiva crisi economica e culturale, inaspettata in queste dimensioni, che si reverberava notevolmente sulla musica dal vivo.
In quegli anni ho realizzato altri due progetti discografici, uno in completa solitudine, voce e pianoforte, l’altro è la mia unica sortita fino ad ora nel campo del jazz strumentale, una rivisitazione della musica di Giuseppe Verdi in quartetto con Luca Velotti al clarinetto e ai sax, e i fratelli Mauro e Carlo Battisti rispettivamente al contrabbasso e alla batteria.